Due mini recensioni per mini lettori

Salve amici e amiche, dopo una lunga assenza mi sembrava doveroso farmi viva seppur con due piccole (non per questo meno interessanti) recensioni. Come penso di aver già anticipato sono una grande fan dei libri e dei media per i più piccoli e mi capita spesso di leggere dei libri per bambini o ragazzi. Ultimamente ho fatto due piccoli acquisti che mi sono piaciuti molto e vorrei cogliere l’occasione per consigliarli a tutti voi sia che abbiate dei bambini a cui leggerli o meno. Bene, procediamo con le recensioni.

Princess Princess Ever After di Katie O’Neill

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Età consigliata: dai 6 anni in su

Lingua: solo inglese

Ho scoperto Katie girovagando su tumblr dove lei pubblica sia dei fumetti online che dei disegni e mi ha subito intrigata il suo modo di disegnare sia i personaggi che i paesaggi in cui si muovono. Princess Princess Ever After è un fumetto che la storia di Sadie e Amira, due principesse diverse che durante la loro avventura crescono, si aiutano e trovano il loro posto nel mondo. Non voglio farvi troppi spoiler, ma se conoscete l’inglese o volete far fare pratica a dei bambini questo è un ottimo libretto. I personaggi sono adorabili, la storia è molto carina e i disegni sono tenerissimi. Unico appunto lo faccio per la scelta dell’antagonista, un mini clichè che posso perdonare all’artista che è molto giovane ed avrà sicuramente modo di migliorare le sue storie.

Potete trovare Katie su tumblr: http://strangelykatie.tumblr.com/

Potete acquistare Princess Princess Ever After su Amazon anche in versione kindle: https://www.amazon.it/Princess-Ever-After-Katie-Oneill/dp/1620103400/ref=sr_1_1?ie=UTF8&qid=1478366691&sr=8-1&keywords=princess+princess+ever+after

The Answer di Rebecca Sugar, Elle Michalka e Tiffany Ford

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Età: dai 4 anni in su

Lingua: solo inglese

Qualcuno di voi probabilmente conoscerà già Steven Universe, e se non lo conoscete vi consiglio fortemente di guardarlo il prima possibile, questo libro è la trasposizione in bellissimi acquarelli dell’episodio The Answer della seconda serie del cartone animato ma lo può leggere e apprezzare anche chi non segue il cartone.

The Answer è la storia di Ruby e Sapphire,di come si sono conosciute ed innamorate e di come si sono ribellate al loro mondo cambiando il destino e sfidando tutto ciò che avrebbero dovuto essere.

Bellissimi disegni, bellissima storia. Consigliatissimo a tutti/e di tutte le età, il linguaggio è abbastanza semplice e va bene per chi sta crescendo dei figli bilinge e per bambini che stanno imparano l’inglese a scuola, gli servirà solo un po’ di aiuto da parte vostra per alcune parole.

Anche The Answer è acquistabile su Amazon: https://www.amazon.it/Answer-Rebecca-Sugar/dp/0399541705/ref=sr_1_1?ie=UTF8&qid=1478367471&sr=8-1&keywords=the+answer+steven+universe

Bene, spero vi abbia fatto piacere scoprire che sono ancora viva e vegeta e che vi siano piaciute queste mini recensioni. Alla prossima, non prometto nulla dato l’incombere della sessione invernale ma spero di sparire per poco!

P.S. dato che entrambi questi libri hanno come protagoniste ragazze che amano altre ragazze vi sconsiglio di sperare nella loro uscita in Italia, ma magari sono solo troppo pessimista…

Lei

Offtopic – Dimentica il mio nome

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Anche i fumetti sono libri, no?

Questo albo è la prima vera opera di Zerocalcare che ho preso in mano, prima di questa avevo letto solo qualcuna delle strisce che pubblica ogni tanto sulla sua pagina Facebook. Divertenti davvero, eppure non mi è mai venuto lo stimolo di approfondire finché (l’occasione) un mio compagno di corso non compare con questo volume per le mani. “Lo hanno regalato al mi fratello per il compleanno.” fa lui “Deh se vuoi te lo presto.”

Così fu. “E bene vello!” direbbe il mio collega (che è molto livornese se non si fosse capito.)

Sul sito dell’autore è scritto che il volume “è un pezzo della storia, più o meno vera, più o meno no, della mia famiglia.”

Che dire? Questa storia è raccontata sempre con il modello adottato nelle strisce, il tono è scherzoso e colloquiale, la battuta sempre pronta ma si sente davvero la differenza.

Primo la coerenza, rispetto agli episodi tipici di una raccolta di strisce qui si ha di fronte una vicenda compiuta, una trama ben compatta e nemmeno tanto breve.

Secondo i temi trattati, decisamente più profondi e alcuni di essi più spinosi. Particolarmente fatti bene trovo il discorso sulla famiglia e sulla tragedia familiare, trattati con estrema cura ma senza smancerie. Le dinamiche riportate sono reali abbastanza da potercisi rivedere dentro e questo non è così comune.

Terzo le riflessioni. E su queste voglio soffermarmi. A mio parere queste più che la narrazione sono fulcro dell’albo, il punto non è tanto quel che succede ai personaggi ma piuttosto i pensieri che scaturiscono nella testa dei personaggi nel momento in cui accade qualcosa.

Mi spiego meglio. Quando a un personaggio di un racconto viene affidato un compito l’attenzione può essere posta su due aspetti diversi: si possono seguire la peripezie affrontate dal personaggio per portare a termine la sua missione oppure ci si può soffermare sull’interiorità del personaggio, riflettere sul perché gli sia stato affidato tale compito e sui pensieri che nascono in lui sulla via. Ecco, qui si opera in maniera simile, ci si focalizza molto sulla parte psicologica del protagonista usando la trama come pretesto per introdurre riflessioni e far evolvere da dentro il personaggio. Una specie di “fumetto di formazione” intimista.

Questo non significa che per tutto il tempo non succeda assolutamente nulla è che la narrazione si interrompa di continuo per lasiar spazio a infiniti discorsi che appena ci incastrano con quel che sta succedendo.

Au contraire!

La storia raccontata è davvero coinvolgente (per quello sto evitando spoiler di qualsiasi genere) e qualche colpo di scena è davvero inaspettato, tuttavia la struttura della narrazione scivola spontaneamente verso la riflessione, spontaneamente sorgono dubbi, domande che deviano il corso degli eventi. Senza scossoni si alterna il presente ad un flashback del passato a quel che passa per la testa del protagonista. Il tutto ulteriormente alleggerito dal tipico umorismo di Zerocalcare.

Per farla breve, chi ha voglia di leggersi un racconto ben fatto, decisamente spiritoso, con il giusto quantitativo di avventura e capace di lasciare qualche spunto di riflessione ha scelto l’autore e il fumetto giusto.

 

 

“Oh sai chéri… alle volpi non importa molto dei nomi.”

Lui.

 

 

PS: pare che il fratello del mio collega possieda anche altri volumi dello stesso autore…

 

 

 

 

Zazie nel metro’

 

 

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Non è facile perlare di Queneau a chi non lo ha mai letto.

Il mio primo contatto lo ho avuto sei anni fa quando su consiglio di mio padre ho letto “I fiori blu”, decisamente il libro più famoso dell’autore. Già dalle prime due pagine ne ero rimasto stranito. Non avevo capito la sequenza degli eventi, chi fosse chi, dove si stesse ambientando l’azione.

E i normanni bevevan Calvados.

In breve lo avevo preso per un romanzo nosense e con quell’atteggiamento mi sono fatto tante e sane risate.

Invece per Zazie volevo pormi in maniera diversa, volevo afferrarne il senso nella maniera più completa possibile. Neanche a dirlo ho fallito.

Trovo incredibile come dei personaggi così definiti e immediatamente riconoscibili possano essere fatti vorticare così rapidamente in un romanzo sfuggevole come questo. Sfuggevole non solo per la storia che racconta, stipata di situazioni surreali che degenerano una nell’altra, ma anche per il modo di scrivere.

Le parole si storpiano in bocca ai personaggi, tipo il termine “omosessuale” che si trova una consonante in più e diventa “oRmosessuale” o i bue jeans che si compattano a dare “blucinz” tutto attaccato. Vengono fatte ripetere frasi intere ai personaggi come fossero ritornelli (“Parli parli non sai far altro.”), alcuni scambi di battute appaiono più volte quasi invariati e non si lesina sui i giochi di parole (purtroppo intraducibili dal francese).

In sostanza tutto sembra scritto con lo scopo di confonderti.

Tuttavia se hai a disposizione un’edizione ben fatta in fondo dovrebbe esserci qualche pagina scritta dal signor Barthes che può venire in tuo soccorso.

Leggerle è illuminante. Tutti gli elementi vengono inquadrati e rimessi posto, le scelte apparentemente casuali vengono svelate, il centro dell’opera individuato.

Insomma questa volta, anche se non per merito mio, posso dire di aver captato qualcosa in più.

Per quel che riguarda questa recensione volevo far passare principalmente un concetto: per quanto possa essere spinoso prendere in mano questo autore con l’intento di capirlo con un po’ di pazienza (e aiuto da chi ne sa più di noi) si riesce ad arrivare dietro la battuta e nel comprenderla si ride una seconda volta.

“-E allora che cosa hai fatto?

– Sono invecchiata.”

 

Lui.

 

La cartella del professore

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Personalmente mi ci trovo piuttosto bene con la protagonista di questo romanzo.

Una “giovane” poco a suo agio con i coetanei, un po’ come una bambina troppo matura a cui i giochi dell’infanzia cominciano a venire a noia e preferisce cercare la compagnia degli adulti.

Un po’ come una bambina che preferisce stare in mezzo ai grandi per poter essere bambina fino in fondo.

Tsukiko, la suddetta protagonista, ha un’età mentale indecifrabile: è ironica come una vecchia, seria come una bambina e spesso emotiva come un’adolescente. Il suo livello di maturità fluttua per tutto il romanzo senza mai assestarsi del tutto.

Il professore d’altro canto è descritto come un personaggio molto stabile, ben formato.

Nonostante l’opposizione dei due caratteri sia il fulcro del romanzo l’autrice riesce a rendere via via meno marcate le differenze, a rendere plastica la distanza tra i due personaggi. A forza di stare assieme si scambiano i modi di fare, la parlata, gli atteggiamenti, finché il confine tra loro non si dissolve nell’intimità.

La causa dell’attrazione spontanea di Tsukiko per il professore è la sua aura estrememente definita che fino all’ultimo sembra cedere poco al cambiamento. Se i pensieri di lei sono chiarificati fino in fondo (sopratutto grazie alla scrittura in prima persona) il professore rimane un interrogativo:

i suoi modi sono cambiati, ma lui sarà davvero andato avanti?

 

“Un vuoto senza speranza che ingloba ogni cosa.”

 

 

PS: mentre leggete questo romanzo tenetevi vicino qualcosa da sgranocchiare, questa qui non fa che raccontare di quel che mangiano.

Lui.

 

 

 

Confessioni di una maschera

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Le persone che si sentono diverse, fuori posto sono anche quelle che si conoscono meglio.

E’ facile che una persona a cui piace qualcosa che non dovrebbe piacerle si faccia delle domande in proposito. Contemporaneamente è naturale che tutti gli altri vadano avanti senza troppi perché.

Le persone strane devono ogni volta scegliere tra ciò che viene loro spontaneo e ciò che è normale sviluppando una tendenza a mettere in discussione ogni proprio pensiero, tendenza a cui le persone comuni non fanno che opporre la propria perfetta naturalezza.

Una continua fonte di frustrazione.

Spesso però il malessere è diluito da un certo senso di superiorità derivato da un errore tipico delle persone introverse: credere che conoscere di più a proposito di sè stessi voglia dire saperne di più della realtà che ci circonda.

Un’assunzione davvero pericolosa in quanto convincersene significa rinunciare al confronto con l’esterno, presupporre compreso il meccanismo che muove gli  altri.

E senza confronto i pensieri si trasformano in una architettura di assoluti; senza l’altro che dialoga con noi tutto ciò che affermiamo può essere totalmente corretto come totalmente errato.

Questo romanzo è un po’ così, pur consapevole del rischio pretende di analizzare i propri stessi pensieri interpretendo insieme la voce narrante del protagonista e quella del commentatore esterno.

Avete presente quando vi rimproverate in seconda persona per iscritto? Vi è mai capitato di scrivere un romanzo per rimproverarvi in seconda persona per iscritto?

A Mishima in un certo senso è capitato, non aveva davvero motivo di farlo tuttavia il risultato è stato ottimo.

“Una bibita spanta sul piano del tavolino manda lucidi, minacciosi riflessi.”

Lui

 

 

Orme

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Questo è un libro che non è come ce lo si aspetta. O almeno, non è stato come io me lo aspettavo.
Per chi non ne avesse mai sentito parlare, viene raccontata la storia di un viaggio dal centro dell’Australia alla costa sull’Oceano Indiano, partendo da Alice Springs e attraversando il deserto del Western Australia. Ho peccato di ingenuità quando aprendo il libro mi aspettavo un racconto poetico e romantico sulla natura spettacolare del deserto australiano. Avrei dovuto sapere, a maggior ragione avendo conosciuto quei luoghi, che se l’Australia ha sì un lato poetico e romantico, per vederlo e farne esperienza bisogna pagare un prezzo in fatica molto alto. La protagonista all’inizio della storia è altrettanto sprovveduta, arriva ad Alice Springs con l’obiettivo di procurarsi dei cammelli e partire il prima possibile, un’impresa che si rivelerà più ardua del previsto.
Ci sono certo dei momenti di riflessione e di poesia, ma non aspettatevi che siano il punto focale di questo racconto. Si tratta più che del racconto di un viaggio, della storia della trasformazione di Robyn. Per quanto mi riguarda è stata una lettura piacevole che mi ha permesso di “scappare” per un po’ dalla realtà e immergermi nella psiche della protagonista e condividere con lei la sua incredibile avventura. Ci sono dei momenti buffi, momenti tristi e non mancano degli attimi di profonda riflessione.
Ho vissuto questo libro in modo viscerale, forse per affinità di carattere con la protagonista o forse per l’amore che ho per quei luoghi. Benchè l’esperienza della protagonista dell’outback sia estremamente più profonda e trasformante di quella che ne ho fatto io, sento di capire vagamente alcuni dei sentimenti e delle sensazioni da lei descritte nel narrare il suo viaggio. La sensazione che sia necessario liberarsi di molte convenzioni sociali lì inutili, il tempo che assume un significato completamente diverso.

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Credo che questa storia abbia molto da offrire anche a chi non ha mai messo piede nella terra dei canguri, è esplicativa del carattere dei cosidetti “aussies” cioè gli australiani dell’outback (l’entroterra desertico del paese), della tragedia del popolo aborigeno, delle incomprensioni con i bianchi e della lotta per tenere in vita un popolo e la sua cultura. Insomma se già amate l’Australia tanto meglio, ma questo libro può essere un ottimo mezzo per conoscere un paese/continente di cui non sentiamo parlare spesso e di cui molti sanno poco o niente. Inoltre leggendolo viene naturale identificarsi con Robyn, si viaggia, si lavora e si soffre con lei, ho compreso e scusato le sue crisi di nervi e il suo odio per turisti e giornalisti e il suo bisogno di stare sola con se stessa. Credo che tutti noi ad un certo punto sentiamo il bisogno di scappare dalla realtà e fare pulizia nella psiche, Robyn sceglie solo un metodo radicale per farlo. Questo suo viaggio non è motivato dalla voglia di avventura o esplorazione, dal desiderio di fare qualcosa di incredibile o apparentemente impossibile. Piuttosto questo viaggio è la conseguenza del bisogno di solitudine, per fare pulizia mentale di tante cose inutili che la società del consumo ci fa accumulare in testa oltre che in casa. Per tutto il libro ho colto il desiderio dalla parte della scrittrice di far capire al mondo e al lettore quanto questo viaggio fosse in realtà semplice nelle sue motivazioni, quanto poco straordinario dal punto di vista dell’avventura e quanto fosse profondo invece il significato psicologico, quanto potente l’effetto purificante del viaggio da lei intrapreso.
E’ un libro che fa venire voglia di partire per un viaggio solitario attraverso la terra o la nostra mente.

“Le due cose importanti che ho imparato sono state che puoi essere forte e coraggiosa solo se ti permetti di esserlo, e che la parte sicuramente più difficile di ogni avventura è compiere il primo passo, prendere la prima decisione. Ma anche allora sapevo che me le sarei dimenticate queste due cose tante volte, e che avrei dovuto tornare indietro, e ripetermi quelle parole che ormai avevano perso di significato, e che avrei dovuto cercare di ricordare. Anche allora sapevo che invece dii ricordare la verità di tutto questo, sarei caduta  in uno stile inutile di nostalgia. I viaggi con i cammelli, come d’altronde ho sopettato fin dal’inizio, e come mi sarbbe stato poi confermato, non cominciano e non finiscono. Cambiano solo forma.”

Sono riuscita a tenere questa recensione spoiler-free! Fatemi sapere cosa pensate di questo libro se lo avete letto, alla prossima.

Lei

Le tre ghinee

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Si tratta secondo me di un libro decisamente impegnativo, a tratti addirittura prolisso. Per fortuna il gioco vale la candela; molto interessante, un trattato sulla guerra e su come le donne libere possano aiutare a contrastarla. La Woolf è a tratti molto ironica senza diventare condiscendente, tanto che leggendo questo libro mi sono spesso ritrovata a ridacchiare tra me e me. Sicuramente consigliato a chi è interessato alla questione femminile perchè pur essendo stato scritto nel secolo scorso lo trovo molto attuale, soprattutto per le riflessioni che induce.

Fine della parte spoiler-free, procedete a vostro rischio e pericolo.

 

Giusto per chiarire, io non credo affatto che femminismo sia una parola ormai antiquata credo che la Woolf fosse un po’ troppo ottimista da questo punto di vista. Ecco, l’ho detto.

Mi trovo molto d’accordo invece, sul concetto secondo il quale le donne dovrebbero cercare modi nuovi, unici, per contribuire alla società. Mi lascia l’amaro in bocca constatare come la storia abbia fatto tutto un altro corso, mi sembra che noi donne sbagliamo nel tentare di contribuire alla società o di raggiungere il successo personale scimmiottando i metodi che gli uomin hanno sempre usato in una società che fino a non troppo tempo fa era fatta e guidata da uomini per gli uomini. Sarebbe molto più interessante non privarci delle caratteristiche che si ritengono tipicamente femminili, ma valorizzarle per cambiare la società e renderla più a “misura di donna”. Quello che vorrei dire è che mi piacerebbe vedere uomini che imparano dalle donne e viceversa, ruoli di genere che non ingabbino nessuno e non donne che fanno gli uomini per tentare di avere successo.

Ho divagato, ma in sostanza la Woolf vorrebbe che percorressimo strade diverse e parallele, a me piacerebbe che costruissimo tutti assieme un’unica strada.

“…ora voi provate sulla vostra persona quello che hanno provato le vostre madri quando furono escluse, imprigionate. …Allora tutto cambia. Ora vi appare evidente in tutto il suo orrore l’iniquità della dittatura…”

Fatemi sapere cosa ne pensate voi, alla prossima

                                                              Lei